Mare illegale, per Legambiente è la Campania la testa del mostro

Mare illegale, per Legambiente è  la Campania la testa del mostro

Passeggiate lungo le coste campane in una rilassante giornata di sole. In un solo chilometro incontrerete quasi cinque reati ambientali, uno ogni duecento metri.

Secondo il dossier “Mare monstrum” di Legambiente, pubblicato nei giorni scorsi, la Campania è in testa rispetto alle altre tre regioni a “tradizionale presenza mafiosa” nel campo  degli  illeciti costieri e marini.

Sono  2.101 le  infrazioni accertate nel 2012, ovvero il 15,5% delle infrazioni totali italiane per quanto riguardal’ abusivismo edilizio, l’inquinamento,la  concessione di spiagge, la pesca di frodo e la navigazione fuorilegge.




IL CEMENTO: Nel campo dell’abusivismo edilizio, la Campania è attualmente superata solo dalla Sicilia. Il fenomeno del cemento illegale nel litorale campano, non sembra accennare a diminuire.

Case, palazzi, ville e piscine sono il canale di sfogo costiero dell’edilizia camorristica, di quei cantieri abusivi che non risparmiano neanche le zone ad alto rischio idrogeologico.

“I cantieri abusivi – si legge nel dossier -  sembrano essere quasi la norma in un contesto segnato dalla forte presenza  camorristica, in cui non c’è clan senza una sua ditta di forniture di  calcestruzzo o di movimento terra”.

Ma non si tratta solo di un problema legato a dinamiche camorristiche. Secondo Legambiente si tratta anche di una “mera speculazione edilizia tesa alla creazione di valore aggiunto a spese del territorio”.

Da qui, l’elenco di alcune zone colpite da questo fenomeno (zone illegali.docx)

Nelle zone in del turismo balneare campano, insomma,  “si costruisce in maniera illegale  perché conviene economicamente-  spiega Mare Monstrum-  costa circa un terzo in meno rispetto ai prezzi di mercato e si hanno  buone probabilità di farla franca".

 
LE SPIAGGE: Un capitolo a parte del dossier è riservato alle concessioni delle spiagge per i lidi e gli stabilimenti balneari.

“Nonostante quanto previsto  dalla Legge, ossia l’obbligo per i titolari di concessioni di consentire il libero e gratuito accesso per il raggiungimento della battigia - spiega Legambiente -  sono sempre più numerosi i casi in cui si può affermare che il mare e la spiaggia sono diventati un bene totalmente privato”.

La colpa, secondo Legambiente, sarebbe anche delle Regioni che non hanno legiferato adeguatamente in  Italia e anche in Campania:

“Da Nord a Sud, sono sempre di più i casi in cui viene vietato di fatto l’accesso alla spiaggia. Ad Amalfi,  per esempio, è proibito sdraiarsi con i propri teli da mare nella fascia di tre  metri dal bagnasciuga mentre a Bagnoli, Pozzuoli e Bacoli  sono ormai decine di migliaia le firme raccolte da comitati di  cittadini per chiedere che il litorale venga dichiarato spiaggia pubblica”.

Stesso discorso  per la città di Napoli e  le spiagge libere di Mergellina e Posillipo: Legambiente spiega che “a Posillipo, sebbene ci siano piccole spiagge pubbliche, gli accessi sono tutti privati. La scogliera conta pochi percorsi per raggiungere la costa, i gestori degli stabilimenti balneari dovrebbero lasciare libero il passaggio ma questo non avviene”.

Si aggiunge poi il problema della qualità dell’acqua:

Cattivi odori, rifiuti galleggianti e il recente sequestro da parte della magistratura di una vasca contente  liquidi inquinati, fortunatamente mai finiti in mare – spiega Legambiente -, concorrono a suscitare qualche dubbio in chi vuole  tuffarsi dagli scogli vista Vesuvio.

Più grave la  situazione di Castellammare di Stabia dove “soltanto il 33% del litorale è balneabile a causa dell'inquinamento causato dalla foce del fiume Sarno (come certificato dall'Arpac) e dove le uniche spiagge libere (15% del totale) erano fino a qualche mese fa invase da sacchi di rifiuti”.

VIRGINIA DELLA SALA